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Stefano Romei: educatore, insegnante e maestro di vita nel carcere di Turi

Ospite del Direttore Siliberti, dopo 35 anni, il maestro ritorna in visita alla Casa Circondariale di Turi

di Stefano de Carolis

Stefano Romei, insegnante e musicista, è un arzillo signore di 96 anni, che per ben 43 anni ha prestato servizio nel Carcere di Turi.
Suo padre Settimio, originario di Montevarchi (FI), nel 1928 si trasferì a Turi per svolgere il servizio di agente di custodia. Tra carcerati noti e meno noti, assisterà anche detenuti eccellenti quali Antonio Gramsci e Sandro Pertini.

Turi – Anni ’30: Settimio Romei da Montevarchi (FI), padre di Stefano Romei

Stefano, negli anni ’40, dopo aver frequentato gli studi presso l’istituto magistrale di Bari, seguirà la sua aspirazione per l’insegnamento.

Oltre a dedicarsi agli studi magistrali, Stefano si appassiona alla musica e, nei momenti liberi, frequenta un corso di orientamento musicale diretto dal maestro Marrone, noto organista di Bari.
Successivamente, grazie a Don Peppino Contento, arciprete della Chiesa Matrice di Turi, diverrà l’organista ufficiale di tutte le chiese del paese.
Intanto, continua ad affinare le sue doti di musicista, studiando con l’ausilio di suor Euralia da Conversano. La sua innata passione per la musica è tanto sentita che si dedicherà anche allo studio della fisarmonica e, assieme ad altri musicisti turesi, metterà su una piccola orchestrina – composta da contrabasso, tromba, violino, sax e chitarra – chiamata per allietare matrimoni e feste varie.

Nel 1956, dopo aver superato un regolare concorso pubblico, Stefano Romei in qualità di insegnante viene assunto nel Carcere di Turi, dove rimarrà in servizio per 43 anni, sino al giorno del suo pensionamento.

Romei subentrò al maestro Salvatore Comitangelo, con i colleghi Labate e Peppino Gasparro.

Stefano Romei in visita al Carcere di Turi, ospite del Direttore Nicoletta Siliberti (ottobre 2024)

CARCERE DI TURI, 1960
DAL CARCERE DI VENTOTENE ARRIVA IL DIRETTORE EUGENIO PERUCATTI

Eugenio Perucatti (1910-1978), educatore, avvocato, già funzionario di P.S., nel 1960 trasferito dal carcere borbonico di Santo Stefano di Ventotene, giunge nel carcere di Turi.
È un Direttore integerrimo, risoluto e soprattutto ha idee molto chiare e innovatrici del sistema carcerario italiano.

Da subito, nell’antico carcere di Turi, che ospita 250 detenuti, attiva cantieri per diversi lavori di ristrutturazione edile. Elimina le vecchie camerate che ospitano 25-30 detenuti e fa costruire nuove celle con servizi igienici; inoltre, fa sanificare gli ambienti realizzando una nuova pavimentazione. I lavori “in economia” verranno eseguiti da maestranze locali sotto la sua supervisione.
Per questi lavori, non autorizzati, il direttore Perucatti affronterà non pochi problemi di carattere gestionale e amministrativo con la Soprintendenza di Bari e con le autorità ministeriali.

Oltre al suo costante e intenso lavoro giornaliero, si dedicherà a sua moglie e ai suoi dieci figli.

Famiglia del Direttore Perucatti con i suoi dieci figli. Nella foto si vede il giovane figlio Peppino, frate francescano

Per quanto riguarda la sua vita sociale e i pochi momenti di svago, rimarranno ristretti nella casa penale, in quegli ambienti ricreativi dedicati al personale carcerario.
Il maestro Romei che quei momenti di vita li ha vissuti, ricorda: «Il Direttore Perucatti era un accanito giocatore di carte. Nel corso delle nostre partite a scopone scientifico, talvolta accadeva che si arrabbiava: voleva a tutti i costi essere il vincitore delle partite».

Durante la sua direzione del carcere, Perucatti ordinò di predisporre una sala teatro per organizzare opere teatrali e musicali, con lo scopo di coinvolgere i detenuti che nutrivano la passione per il canto e per la recitazione. Fu il maestro Stefano Romei l’incaricato alla gestione del teatro e alla direzione artistica delle opere teatrali da portare in scena.
Inoltre, Perucatti fece istituire una sartoria, una falegnameria ed una barberia, il detenuto addetto si chiamava Martinez.

1963 – Sala teatro del Carcere di Turi. Il maestro Romei con il rag. Gioeli e alcuni detenuti attori / cantanti.
I reclusi indossanno abiti civili e cravatta, circostanza inusuale e vietata nell’ambito carcerario italiano.

LA SCUOLA ELEMENTARE NEL CARCERE DI TURI

L’orario di insegnamento nel carcere iniziava alle ore 8 e terminava ore 11.30.
L’aula scolastica era ubicata al primo piano ed era posta nell’angolo della facciata del carcere (versante di via Casamassima).

Le classi erano due: una era denominata pluriclasse o plesso, e  raggruppava la 1^2^3^ elementare; mentre l’altra era composta da alunni di 4^ e 5^ elementare.

Leggendo la pagella della classe 3^, redatta nel 1953 nel Carcere di Turi, dove è indicato anche il nome del noto boss della mafia siciliana, Salvatore Riina, il maestro Romei ricorda il nome del detenuto Giliberti Giuseppe.

«Se non ricordo male – racconta – il detenuto Giliberti con me ha frequentato la 4^ e la 5^ elementare. Era un ragazzo che non voleva studiare. La nostra funzione di educatore e maestro non era assolutamente semplice, anzi era molto complessa: dovevamo insegnare le basilari discipline scolastiche a ragazzi ormai grandi, con problemi esistenziali e familiari. Inoltre, questi nelle loro residenze avevano mogli e figli».

«La nostra missione – prosegue Romei – era anche quella di spronare i detenuti analfabeti a frequentare il ciclo di studi. Lo sprone era quello di convincerli a studiare perché non riuscivano a leggere le lettere che arrivavano dalle loro mogli e dai parenti, e il più delle volte questi si rivolgevano ad altri detenuti che sapevano leggere e scrivere. Chiaramente veniva meno la propria privacy».

«Noi maestri, quasi sempre, oltre all’insegnamento provvedevamo a tradurre il loro stretto dialetto calabrese e siciliano, quando questi dovevano conferire con il giudice di sorveglianza, e con lo stesso direttore del Carcere, i quali il più delle volte non comprendevano una sola parola del loro stretto dialetto.
La nostra figura – chiosa Romei – era anche quella di psicologi e assistenti sociali. Mentre per la figura di tutore giudiziale, necessaria per la riscossione della pensione ed altre incombenze, io avevo un mandato firmato dal Giudice della Pretura di Putignano. Ricordo con piacere il Pretore Giagantesco».

Anni ’50 – Chiesa del Carcere di Turi. Il maestro Romei all’organo con i detenuti della corale

TURI 1980: LA PERPLESSITÀ E LO STUPORE DEL PRESIDENTE PERTINI

Tra i tanti ricordi professionali vissuti da Stefano Romei nella Casa Circondariale di Turi, un posto speciale lo occupa la visita del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, avvenuta nel 1980: «Quel giorno, assieme al Direttore Spinelli, accompagnai in visita il Presidente Pertini. Ricordo che, quando il Presidente fu dinnanzi alla cella di Antonio Gramsci, rimase molto perplesso e stupito di quella ubicazione, esclamando che quella non era la cella di Gramsci. Nonostante ciò, entrò da solo nella cella per un momento di riflessione».

A seguito di quella storica visita, il Presidente Pertini conferì al maestro Romei la benemerenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. 

A proposito dell’ubicazione della cella di Gramsci il maestro Romei con dovizia di particolari asserisce: «La cella dov’era recluso Antonio Gramsci non è quella che oggi visitiamo. Quella originaria era ubicata vicino la chiesa del Carcere, nel versante della villa comunale. Accadde che, anni addietro, un direttore poco attento e poco sensibile alla storia, per motivi logistici fece spostare l’ubicazione della cella dov’era ristretto Antonio Gramsci».

Stefano Romei oltre ad espletare con passione e dedizione il suo lavoro istituzionale, per diversi anni è stato l’agente SIAE di Turi; inoltre ha ricoperto la funzione di presidente della cooperativa sociale oleificio Sant’Oronzo ed è stato membro del consiglio della Democrazia Cristiana di Turi.

A breve la saggista Rosa Cirone, già funzionario dell’Amministrazione Penitenziaria, pubblicherà una interessante biografia sul Direttore Eugenio Perucatti, frutto dello studio di documenti inediti trovati in vari archivi, tra cui Latina, Napoli e Roma. Il saggio racconta l’uomo delle istituzioni e un lato di Eugenio Perucatti intimo e personale, con un culto per la famiglia non comune.

Turi 1966 – Direttore Eugenio Perucatti. Da sx Migliaccio, Montinari, Marti, Salvatore, Vizzi, Capocelli, Saponara, Curti, Caldararo, Matullo, Vastino.
Fra Peppino, figlio di Perucatti, e al suo fianco il M.llo Arzivigno.
Maestri Peppino Gasparro e Stefano Romei. Rag.Vigna, Don Vitantonio Pugliese, Don Pasquale Pirulli Cappellano
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