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“Zampina di Sammichele”, Turi chiede di espandere geograficamente l’IGP

Giovedì 27 marzo, la Sala Consiliare del Comune di Sammichele di Bari ha ospitato una riunione di pubblico accertamento, tappa fondamentale nell’iter di riconoscimento della “Zampina di Sammichele di Bari” come prodotto a Indicazione Geografica Protetta (IGP).

Durante l’incontro è stato letto pubblicamente il disciplinare redatto dal Comitato Promotore, guidato da Lorenzo Milano, alla presenza del sindaco Lorenzo Netti, dei rappresentanti del Ministero e delle istituzioni regionali, delle senatrici Vita Maria Nocco e Domenica Spinelli, nonché dell’assessora Lilli Susca, delegata alle Politiche Agricole e Agro-Alimentari del Comune di Turi.

De Carolis: “Chiediamo di estendere il marchio IGP al territorio di Turi”

Tra i presenti anche una delegazione di cittadini e macellai provenienti da Turi, rappresentati da Stefano De Carolis, presidente delle associazioni “Faldacchea di Turi” e “Trònere di Turi”, il quale – a seguito della lettura dei singoli articoli – ha esposto alcune osservazioni a nome della categoria.

«Senza alimentare alcuna polemica e con garbo istituzionale – dichiara De Carolis – abbiamo partecipato alla riunione semplicemente per chiedere che l’ambito territoriale del marchio IGP venisse esteso anche al vicino Comune di Turi, nel pieno rispetto della denominazione e del disciplinare di produzione esistente».

«Del resto – argomenta – è innegabile che Turi vanti una storica tradizione legata al settore della macelleria, già documentata nel Catasto onciario di metà ’700 e dall’esazione del dazio sulle carni, attestata nei verbali decurionali degli inizi dell’800.
Senza contare la presenza di beccai e macellai, di un antico macello (databile sempre a metà 700) e l’antica cultura rural-pastorale connessa alle numerose “masserie di pecore” ubicate in agro di Turi, Sammichele, Casamassima, Putignano e Gioia. Inoltre, il territorio di Turi, sino agli inizi del ’900, si estendeva per 800 ettari, includendo parte dell’attuale territorio di Sammichele.
Infine, da generazioni, i macellai e i beccai turesi preparano e commercializzano la zampina, utilizzando sia la miscela di carni bovine e ovicaprine, come quella sammichelina, che quella di bovino e maiale. Le due varianti danno oggi la possibilità di acquistare il prelibato prodotto anche a quei concittadini di fede islamica».

Un esempio di zampina prodotta a Turi

«Purtroppo – prosegue De Carolis – il Comitato ha respinto la nostra proposta, che aveva come unico intento quello di fare fronte comune e rafforzare ulteriormente il marchio IGP richiesto. Ricordo che tale marchio comunitario ha come obiettivo quello di proteggere le denominazioni di prodotti specifici, e promuoverne le caratteristiche uniche legate all’origine geografica e alle tradizioni tipiche, con la duplice finalità di tutelare il consumatore con un prodotto di qualità e favorire lo sviluppo economico del territorio.

«Di fronte a questa ingiustificata barricata – anticipa – non ci resta che attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e formalizzare le necessarie opposizioni alla domanda di registrazione del marchio, come previsto dal Regolamento Europeo 2024/1143. In parallelo, non si esclude la possibilità di richiedere un marchio IGP o DOP per il prodotto di Turi, chiaramente qualora ci sia la volontà dei produttori».

«Nonostante tutto – chiosa De Carolis – restiamo disponibili alla massima collaborazione con gli amici di Sammichele, e cogliamo l’occasione per complimentarci con il loro sindaco e con tutti coloro che, negli ultimi decenni, hanno lavorato con costanza e dedizione per promuovere questa eccellenza gastronomica».

Giovanni Miccolis, un disciplinare “scarno e generico”

A sostenere la richiesta di maggiore inclusività territoriale anche Giovanni Miccolis, intervenuto nella pubblica riunione, il quale ha analizzato criticamente il disciplinare in un lungo post.

Secondo Miccolis, il testo presenta diverse imprecisioni e mancanze.
In primis, il disciplinare lascia intendere che le carni possano arrivare da qualsiasi parte d’Europa, con il solo requisito del timbro finale.
In secondo luogo, viene evidenziata la genericità con cui sono indicati alcuni ingredienti: “non viene indicata la natura del formaggio grattugiato aggiunto, la sua origine se da latte vaccino, ovino, caprino o misto, solo stagionato”; non si precisa varietà e provenienza dei “filetti di pomodoro, aggiunti nella percentuale tra il 20% ed il 30%”; si ammette l’uso di “additivi ad azione antiossidante” per “prolungare la vita commerciale del prodotto”, cosa non comune per un insaccato fresco come la zampina.

Il nodo degli 80.000 ettari: una contraddizione?

Miccolis solleva poi un’interessante contraddizione legata all’articolo 6 del disciplinare, in cui si afferma che il “territorio vocato per la produzione è di circa 80.000 ettari, contro i soli 3.400 del Comune di Sammichele”.
Alla luce di questo dato – osserva – si deve parlare di “un marchio di prodotto o piuttosto di un marchio di produzione e/o manipolazione”. Inoltre, se nei Comuni compresi in quegli 80.000 ettari “si produce una parte delle zampine con uguale ricetta dei sammichelini, si ha un qualche diritto da rivendicare o più semplicemente osservazione e/o opposizione così come le leggi e i regolamenti in materia prevedono?”.

Verso le opposizioni formali

In attesa della pubblicazione del disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale, come anticipato, si profila la volontà di avviare un percorso formale di opposizione. Un passaggio che – sottolinea Miccolis – non nasce da ostilità, ma si qualifica come “un atto dovuto innanzitutto perché ciò non rappresenti un’offesa all’intelligenza, poi un probabile danno ai consumatori, una limitazione ad altri soggetti titolati e che hanno nella storia delle loro produzioni stesso diritto”.

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