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L’ombra del clan Capriati su Turi

Nell’ultima relazione semestrale della DIA, il nostro comune si conferma territorio “interessato” dallo storico clan barese

La criminalità organizzata pugliese non registra «mutazioni significative rispetto al quadro di riferimento generale»: l’obiettivo delle consorterie resta il controllo del territorio, «assicurato con estorsioni, furti e rapine perpetrate in taluni casi anche da minorenni». Queste sono le conclusioni della relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, resa pubblica lo scorso 18 giugno e riferita al periodo gennaio-giugno 2023.

Scorrendo i passaggi chiave del dossier, si evidenzia che «la camorra barese è contraddistinta da una pluralità di clan» in continua lotta per consolidare o ampliare il controllo del territorio. In particolare, la relazione rimarca che i principali quattro clan baresi (Capriati, Strisciuglio, Parisi-Palermiti e Diomede-Mercante), assieme ad una pletora di gruppi criminali secondari, «estendono la loro sfera di influenza nella provincia, servendosi di fidati referenti ovvero ricorrendo all’affiliazione di soggetti apicali appartenenti a gruppi delinquenziali di stanza nei singoli comuni».

Per quanto riguarda Turi, la DIA riporta che il nostro territorio ricade nella sfera di influenza del clan Capriati, stanziato anche nei comuni di Bitonto, Triggiano, Putignano, Noci, Castellana Grotte, Monopoli, Alberobello e Conversano.

Il “nuovo” volto della mafia

Facendo un passo indietro, nelle premesse della relazione, si mette in risalto il cambiamento del modus operandi della criminalità organizzata, che da tempo ha sostituito «l’uso della violenza con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive».
Le numerose indagini, infatti, attestano «una crescente capacità della criminalità organizzata di infiltrare il settore economico, finanziario, degli appalti e della Pubblica Amministrazione», «approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite».

Un “cambio di pelle” che si riscontra anche nella nostra regione, dove «la criminalità organizzata pugliese ha sviluppato nel tempo un’attitudine ad agire in contesti economici rilevanti, inquinando l’economia legale mediante il riciclaggio di proventi illeciti», dimostrandosi abile ad «insinuarsi nel tessuto economico sano, anche avvalendosi di compiacenti professionisti e talvolta infiltrando gli apparati istituzionali locali».

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